Archivio Storico Fondazione ISEC

Un partigiano anomalo: la storia e l’archivio di Carlo Travaglini

Carlo Travaglini (primo da destra) con tre dei suoi uomini dell'89ª Brigata Garibaldi Alpi Grigne.
Carlo Travaglini (primo da destra) con tre dei suoi uomini dell'89ª Brigata Garibaldi Alpi Grigne.

Tutto per una frase
“Un povero onesto ebreo vale esattamente tanto quanto un povero onesto cristiano”. Oggi come oggi, a noi, questa frase pare scontata, o almeno dovrebbe esserlo, ma quando fu scritta, nel 1935, e dove fu scritta, in Germania, questa frase non era affatto scontata. Essa compare in un romanzo storico intitolato Die Heiderhofs pubblicato a Hildesheim. Nel contesto del romanzo la frase non era strettamente necessaria, ma fu messa lì appositamente dall’autore, un tipo originale metà italiano, per parte di padre, metà tedesco per parte di madre. Il suo nome era Carlo Travaglini e la sua storia merita di essere raccontata.

Copertina e frontespizio del romanzo storico scritto da Carlo Travaglini nel 1935.
Copertina e frontespizio del romanzo storico scritto da Carlo Travaglini nel 1935.

Metà italiano, metà tedesco

Travaglini nasce a Dortmund nel 1905, figlio di Vincenzo, un direttore d’orchestra che all’inizio del Novecento lascia la banda musicale militare italiana e decide di stabilirsi in Germania, per dirigere un’orchestra sinfonica militare tedesca. La madre di Carlo Travaglini si chiama Edwige Müller.

Carlo cresce a Drolshagen, un piccolo paese della Renania settentrionale Westfalia, ma già intorno ai 18 anni si rende indipendente allontanandosi dalla casa paterna, probabilmente perché insofferente alle rigidezze dell’educazione tradizionale a cui è soggetto. 

Tanti lavori umili, poi la laurea
Si stabilisce a Olpe, non lontano dal luogo in cui è nato, e per mantenersi agli studi inizia a svolgere diversi mestieri, dal manovale al mandriano, fino a che nel 1925 trova un impiego stabile. Il suo sogno però è quello di fare il giornalista e così dal 1928 inizia alcune collaborazioni con giornali locali. Nel frattempo si iscrive all’università e nel 1935 si laurea in letteratura a Tubinga. E proprio nel 1935 decide di scrivere la frase incriminata sul “povero onesto ebreo”. Questa presa di posizione clamorosa, in una Germania in cui gli ebrei sono già sottoposti a persecuzioni e discriminazioni, non è comunque un fulmine a ciel sereno, perché Travaglini ha già in precedenza manifestato sentimenti antinazisti.

Diploma di laurea di Carlo Travaglini, 1935
Diploma di laurea di Carlo Travaglini, 1935

Un uomo contro

La pubblicazione del romanzo non passa inosservata e attira su Travaglini l'attenzione della Gestapo. Non sappiamo se Travaglini subisca in quella occasione qualche sanzione, ma certamente sappiamo che perde il lavoro presso il giornale “Berliner Lokal Anzeiger”.

Non contento di questo primo “inciampo”, Travaglini l’anno successivo, il 16 settembre 1936, viene arrestato perché “sospettato di avere asportato e soppresso presso l’attuale Capitano d’aviazione Fritz Dörpfeld a Berlino Licherfelde documenti scritti politici di valore”. Non sappiamo per certo se effettivamente Carlo abbia compiuto questa azione, ma subisce una condanna a 4 mesi e mezzo di campo di concentramento. Scontata la pena, ai suoi danni è decretata l’espulsione dal Reich in quanto “straniero molesto”.

"Straniero molesto" per il Reich

Espulso dal paese in cui è nato e in cui comunque vorrebbe vivere, a Carlo non resta altro da fare che trasferirsi in Italia: appena giunto qui deve svolgere il servizio militare (negli alpini), terminato il quale vive per qualche tempo a Roma facendo lavori precari, per poi finalmente trasferirsi a Milano dove trova impiego come disegnatore tecnico presso il reparto Avio della Magneti Marelli. Qualche anno dopo, nel 1941, Carlo si sposa e nel 1943 nasce la prima figlia, Milena.

Parrebbe che, nonostante la guerra, la vita del nostro Carlo si sia instradata nel senso di una tranquilla esistenza piccolo borghese, ma il destino ha ben altro in serbo per lui. L’11 settembre del 1943, tre giorni dopo che il generale Badoglio ha firmato l’armistizio con gli eserciti Alleati, le truppe naziste occupano Milano dando il via a una vera e propria caccia all’uomo nei confronti dei militari italiani sbandati, fino a poche settimane prima alleati dei tedeschi.

Volantino del prefetto di Milano subito dopo l'occupazione delle truppe germaniche, 1943
Volantino del prefetto di Milano subito dopo l'occupazione delle truppe germaniche, 1943

Passando da piazzale Loreto...
Pochi giorni dopo Carlo sta transitando da piazzale Loreto diretto al lavoro quando, dinanzi all’hotel Titanus Loreto, che è stato occupato da un comando nazista, vede un assembramento di donne di ogni età. Incuriosito dalla strana situazione, o forse memore dei suoi non lontani trascorsi da giornalista, decide di avvicinarsi al capannello per capire cosa stia succedendo. Lì, parlando con le donne, apprende che le poverette sono parenti di militari italiani catturati dai tedeschi, che sono già stati deportati o sono in procinto di essere avviati in prigionia. Travaglini promette a queste donne che cercherà di assumere informazioni sui loro cari e immediatamente si presenta all’ingresso del Titanus e chiede spavaldamente al soldato di guardia di poter conferire con l’ufficiale incaricato di trattare le pratiche dei soldati italiani. Non ha alcuna difficoltà a entrare nell’edificio perché si presenta come cittadino tedesco e sfoggia una tale padronanza di modi e di eloquio da non destare alcun sospetto e anzi da suscitare il rispetto del piantone di guardia.


Esempio di richiesta inoltrata dalla società Magneti Marelli alle autorità tedesche per il rilascio di un militare italiano internato nel Campo di detenzione di Trento, 1943
Esempio di richiesta inoltrata dalla società Magneti Marelli alle autorità tedesche per il rilascio di un militare italiano internato nel Campo di detenzione di Trento, 1943

Una faccia tosta al servizio della Resistenza
Il responsabile delle deportazioni degli italiani è un tale tenente Bergman, a cui Travaglini si presenta come un fedele suddito del Reich impiegato di una industria, la Magneti Marelli, direttamente impegnata nello sforzo bellico nazista. Carlo convince Bergman del fatto che è un peccato che tanta forza lavoro venga avviata ai campi di prigionia, quando invece potrebbe essere utilizzata in loco nelle tante industrie del Milanese, tanto più che molti dei soldati catturati dai tedeschi sono proprio operai e tecnici di fabbriche locali. Bergman spiega a Travaglini che per far sì che i soldati restino in Italia è necessario che le fabbriche di cui sono dipendenti presentino una formale richiesta in tal senso. Uscito dall’hotel Carlo chiede alle donne le generalità dei loro uomini, poi recatosi in azienda riesce a procurarsi dei moduli in bianco della Magneti Marelli e della Ercole Marelli e con l’aiuto di un collega dell’ufficio del personale procede a compilare i moduli con i nominativi che gli sono stati forniti. Da quel momento e per alcuni mesi Carlo porta avanti questa rischiosa attività per far rientrare gli internati militari italiani e per far ottenere ad altri l’esonero dall’invio al lavoro coatto in Germania. Non contento di questa attività para-legale e sfruttando la serie di relazioni che è andato sviluppando nel corso delle settimane, Travaglini si inventa falsario grazie al fatto che durante una delle sue visite a Bergman è riuscito a trafugare dall’ufficio di un collega di costui alcuni timbri fondamentali. Dopo aver imparato a falsificare le firme di taluni alti rappresentanti del potere nazista in Italia, procede a contraffare documenti per portare avanti la precedente attività, e non solo: grazie ai suoi documenti falsi permetterà a diversi ebrei di espatriare in Svizzera sfuggendo alla deportazione, così come riuscirà ad aiutare non pochi aviatori anglo-americani abbattuti nel Milanese a trovar rifugio sempre in terra elvetica.

Timbri utilizzati da Travaglini per la falsificazione dei documenti e firme di alti ufficiali nazisti da lui contraffatte.
Timbri utilizzati da Travaglini per la falsificazione dei documenti e firme di alti ufficiali nazisti da lui contraffatte.

Nell’ottobre del ’43 Carlo perde il lavoro alla Magneti perché il reparto Avio chiude, ma non tarda a trovare impiego presso la Sa Ledoga, un’industria chimico-farmaceutica. Qui gli viene affidato l’incarico di interprete e di intermediario fra la società e le autorità amministrative militari germaniche. Il posto giusto per il doppio gioco portato avanti dal nostro falsario a fin di bene che, non contento di questo, svolgerà nei mesi a venire anche una sua personale attività militare contro i nazifascisti. Sempre da battitore libero, senza mai essere affiliato ad alcun partito o movimento politico, ma aggregandosi di volta in volta a militanti delle diverse formazioni, svolge una proficua e rischiosissima guerra personale.

Lettera di assunzione di Carlo Travaglini alla Ledoga, 1943
Lettera di assunzione di Carlo Travaglini alla Ledoga, 1943

Il "falsario" scoperto
Il “gioco” drammatico a cui sta giocando Carlo dura fino al 30 giugno 1944: quel giorno Travaglini sta tornando dall’Emilia con un camion della Ledoga dopo aver accompagnato il capo del personale della società a recuperare parte della mobilia di una sua villa occupata dai tedeschi. Ormai a Milano, stanno percorrendo la circonvallazione esterna della città quando il camion viene fermato da un fattorino della Ledoga che è stato inviato dall’amministratore delegato della società Roberto Lepetit, acceso sostenitore della Resistenza, ad avvisare Carlo che il suo gioco è stato scoperto dai nazisti e che è attivamente ricercato da questi.

Carlo Travaglini, su cui pende una condanna a morte, si reca all'hotel Regina di Milano, quartier generale delle SS, per cercare informazioni su Roberto Lepetit, 1944
Carlo Travaglini, su cui pende una condanna a morte, si reca all'hotel Regina di Milano, quartier generale delle SS, per cercare informazioni su Roberto Lepetit, 1944

La fuga in montagna: la lotta continua
Carlo riesce a mettersi in salvo, non così sua moglie che, incinta della seconda figlia, viene arrestata. Travaglini dopo essersi allontanato da Milano, con una condanna a morte che ormai gli pende sulla testa, e aver passato qualche tempo ospite di amici nella Bergamasca, si aggrega all’89ª Brigata Garibaldi Alpi Grigne dove continuerà la sua attività di combattente antifascista fino al termine del conflitto.

Alcuni dei partigiani che fecero parte della formazione di Travaglini sulle Alpi Grigne, 1944
Alcuni dei partigiani che fecero parte della formazione di Travaglini sulle Alpi Grigne, 1944

"Non potevo non farlo"
Nel dopoguerra, Carlo Travaglini riprende la sua vita lavorativa trovando impiego al Touring club italiano e dedicandosi alla sua famiglia, non farà politica né mai parlerà se non in tarda età delle vicende di cui è stato protagonista. Quando una delle figlie, impressionata dai suoi racconti e dai rischi corsi dal padre, e di conseguenza da loro in quanto sue congiunte, gli chiederà cosa l’avesse spinto a comportarsi in quel modo, egli le risponderà semplicemente : “Non potevo non farlo”.

Attestato rilasciato a Carlo Travaglini dalla Comunità israelitica di Milano per la sua opera di salvataggio di ebrei perseguitati dai nazifascisti, 1945
Attestato rilasciato a Carlo Travaglini dalla Comunità israelitica di Milano per la sua opera di salvataggio di ebrei perseguitati dai nazifascisti, 1945
Riconoscimento rilasciato a Carlo Travaglini dal generale Alexander per l'opera da lui svolta in favore dei militari anglo-americani, 1945
Riconoscimento rilasciato a Carlo Travaglini dal generale Alexander per l'opera da lui svolta in favore dei militari anglo-americani, 1945

Alberto De Cristofaro

Le immagini che illustrano il testo sono tratte dal Fondo Travaglini Carlo.

Un approfondimento sulla biografia di Carlo Travaglini è disponibile nel volume pubblicato dalla Fondazione ISEC nel 2014: Luigi Borgomaneri, Lo straniero indesiderato e il ragazzo del Giambellino. Storie di antifascismo (ISEC-ArchetipoLibri Clueb, 2014). Attraverso una documentazione assolutamente inedita e la testimonianza di Lamberto Caenazzo, all’epoca giovanissimo partigiano del popolare quartiere milanese del Giambellino, Borgomaneri ricostruisce la figura e le imprese di questo maturo intellettuale di origine tedesca che nella Milano occupata dai nazisti si beffa per mesi di Wehrmacht e Gestapo.